lunedì 27 settembre 2010

Julianos Kattinis. L’arte che nasce dall’anima

“La pittura è una cosa mentale”. Questa frase di Leonardo da Vinci sintetizza simbolicamente tutta l’opera di Julianos Kattinis, artista greco, italiano d’adozione, da più di quaranta anni residente a Roma, città nella quale è riuscito a trovare l’atmosfera ideale per esprimere la sua arte.
La libertà di pensiero genera la libertà d’espressione. Le stratificazioni culturali dell’artista, che è vissuto in varie parti del mondo, in Europa e in Medio Oriente, a contatto con la storia millenaria delle civiltà del Mediterraneo, affiorano senza sosta nelle sue opere.

Ogni quadro di Kattinis è la scoperta di una storia rivelata, ricca di suggestioni e rimandi alla mitologia e alla vita vissuta.
Le immagini che scorrono fluide sono emozioni liquefatte sulla superficie della tela. Quella di Kattinis è una pittura che coinvolge emotivamente, che cattura il nostro sguardo, strappandoci dalla realtà e trascinandoci vorticosamente in un mondo enigmatico, ancestrale, mitologico, fortemente connotato di simboli.
Stratificazioni segniche e coloristiche si dispongono le une sulle altre, si sovrappongono, si intersecano, si fondono tra loro, creando un tessuto di ordito onirico e sensuale, atavico e criptico. Ogni millimetro quadrato di superficie pittorica è accuratamente lavorato, quasi ricamato.
Per Kattinis il rapporto con l’arte è qualcosa di mistico, è passione che rende svegli nel cuore della notte, magnetismo che fa restare davanti alla tela finché l’ultimo tassello dell’opera è al suo posto. Solo in quel momento l’artista stesso può vedere il risultato del suo creare, nato sulla tela direttamente come prolungamento della sua psiche. Pittura istintiva, mai meditata, mai pianificata dal disegno preparatorio o dal bozzetto.
I disegni di Kattinis sono essi stessi opere finite. Tutti i suoi lavori sono pezzi unici, irripetibili, perché creati in un momento senza uguali nel tempo e nello spazio.
Anche la grafica di Kattinis è basata sull’unicità, nasce a sé stante, mai riproducendo quadri già dipinti, in edizioni a tiratura molto limitata.
Le superfici delle incisioni e delle acquaforti, stampate con i colori ad olio al posto dell’inchiostro per evitare che la luce le rovini nel tempo e per conferirgli quindi eternità, sono “tirate” al torchio a mano, “stampate” spesso con l’aiuto delle gambe e dei piedi che muovendosi sui fogli a ritmo di musica, danno vita ad una primitiva danza creatrice.
La superficie della carta, sottoposta ad un tale processo di iniziazione da parte dell’artista, è al tatto simile al velluto, lucente, profondamente incisa.
Nelle raffigurazioni l’ordine degli oggetti, delle figure e dei simboli è solo apparentemente casuale, in realtà dettato da un disegno inconscio che si materializza a poco a poco sulla tela. Le composizioni, spazialmente estremamente equilibrate, nate dalla trasmigrazione dei pensieri alle mani, al pennello e ai colori, e infine alla tela, sono il luogo in cui si compiono i misteri e i riti ancestrali del mondo, il rito della fertilità, l’unione sacra tra gli aspetti femminile e maschile del cosmo, tra l’uomo e la donna, la Luna e il Sole, il cielo e la terra.
“L’esperienza più bella che possiamo avere è il mistero”, questa inaspettata frase di Albert Einstein, ci avvicina ad una componente fondamentale dell’arte di Kattinis. E’ la fusione tra razionalità e mistero, cultura e istinto, che porta alla creazione delle sue opere.
Lo studio attento e meditato della filosofia e della storia delle religioni lo ha portato ad avvicinarsi ad una visione panteistico - metafisica della fede e del mondo, strettamente connessa al concetto di destino e all’astrologia degli antichi.
La mitologia è il filo di Arianna nelle opere di Kattinis, intessute di cultura classica e vissuto personale, uniti all’interno di un’atmosfera mistica favolosa, creata dallo sfumato “leonardesco” e dalla luce “bizantina”, che si sposano accompagnati dai colori della terra e del mare.
Protagoniste dell’arte di Kattinis, le donne sono dee arcaiche che conservano in sé stesse tutta la forza e la potenza della Madre Terra, l’amore ma anche la forza distruttrice della Natura. Nei loro volti enigmatici di sfinge echeggia il mistero del deserto; la fissità del loro sguardo, che va oltre l’apparire, verso qualcosa di profondo e lontano, proviene dalle icone bizantine; la loro sacralità, generatrice di vita, è insita nel credo panteista dell’artista.
Dall’iniziale classicismo, l’arte di Kattinis si è destreggiata tra espressionismo, action painting, costruttivismo geometrico, astrattismo, fino ad arrivare all’attuale espressione artistica, commistione tra figurativo e astratto, sogno e realtà.
I graffiti primitivi, l’arte assira, egiziana, etrusca, classica, africana, e ancora Michelangelo, oggetto della sua tesi all’Accademia di Belle Arti, l’Impressionismo, l’Espressionismo, la Metafisica, il Surrealismo, de Chirico, Chagall, Picasso, Kandisnky, Mirò, Klee, ma anche Campigli, Mastroianni, tutta l’arte, dalle origini al Novecento, riaffiora nelle opere di Kattinis, sedimentata, “vissuta”.
La bidimensionalità dei corpi e dei profili riecheggia i vasi greci, dove, similmente, il contorno incide le figure, le incornicia.
La forza primitiva delle maschere africane si insinua nelle composizioni, arricchite a volte anche da materici inserti di rame e linoleum.
Composizioni sempre diverse, modi espressivi sempre nuovi, per una ricerca in continuo divenire che dà vita ad immagini arcaiche, moderne e proiettate nel futuro al tempo stesso, ricche di molteplici piani simbolici di significato. La chiave per comprenderle è in mano all’artista ma è anche in ognuno di noi, nella nostra sensibilità e ricettività. Forse per questo Kattinis non titola mai le sue opere, lasciando che ognuno possa identificarle con il proprio mondo.

Cinzia Folcarelli, Giugno 2006, testo pubblicato nel catalogo della mostra di Julianos Kattinis alla Galleria La Pigna, 21 - 28 ottobre 2006