lunedì 27 settembre 2010

Dialogo tra razionalità e casualità


"Dove il mondo cessa di essere il palcoscenico delle nostre speranze e dei nostri desideri per divenire l'oggetto della libera curiosità e della contemplazione, lì iniziano l'arte e la scienza.”, diceva Albert Einstein, “Se cerchiamo di descrivere la nostra esperienza all'interno degli schemi della logica, entriamo nel mondo della scienza; se, invece, le relazioni che intercorrono tra le forme della nostra rappresentazione sfuggono alla comprensione razionale e pur tuttavia manifestano intuitivamente il loro significato, entriamo nel mondo della creazione artistica. Ciò che accomuna i due mondi è l'aspirazione a qualcosa di non arbitrario, di universale." 1
Ed è proprio nell’amore e nella curiosità per ciò che ci circonda, nel voler conoscere e rendere visibili i meccanismi che regolano il mondo, che avviene l’incontro tra l’artista e lo scienziato. L’artista in passato era colui che raffigurava la bellezza della Natura, lo stupore che ci colpisce tutti i giorni anche nella banalità della vita quotidiana, quando rimaniamo incantati davanti alla spirale del Nautilus o alle strutture “frattali” del cavolfiore verde. Ma da tempo ormai l’arte vuole andare oltre la forma apparente delle cose, e, così come la scienza, vuole cercare di carpire i segreti dell’Universo.
L’artista oggi non può più limitarsi semplicemente a razionalizzare la Natura come nel Rinascimento, a psicanalizzarla, vuole invece assecondarla, accarezzare le sue forme per immergersi completamente nel suo eterno fluire.
Nel caos arte e scienza si incontrano, dando vita, ognuna con i propri strumenti, materia ed equazioni, a creazioni dal forte impatto visivo.
Il caos è una caratteristica dei sistemi dinamici in cui variazioni anche minime nelle condizioni iniziali provocano grandi differenze nell’evoluzione successiva, che perciò non può essere prevista nel suo comportamento dettagliato2. Così il caos è il Big Bang che ha originato la vita, ma è anche la goccia di colore che cade sul foglio e che si ramifica in mille rivoli e nervature.
“La natura, con la libertà conferitale dal caos, esercita la sua creatività”, scrive Livia Compagnoni, “e negli orli del caos si crea la vita dove appaiono i principi di complessità e auto – organizzazione”.
E proprio negli Orli del caos hanno voluto immergersi artisti, scienziati e musicisti, consapevoli di come la Teoria del caos possa essere motivo di dialogo e ponte tra arte e scienza. A testimonianza di ciò alcuni dei partecipanti al progetto che si esprimono con le arti figurative sono anche scienziati. E la particolarità degli Orli del caos è anche questa, il confronto – dialogo tra coloro che partendo da studi scientifici si sono avvicinati all’arte con chi invece dall’arte è arrivato alla scienza.

Paolo Camiz, Fisico Nucleare, musicista e scultore, “costruisce” le sue opere utilizzando pezzi di ferro di riuso di vario tipo, dal tondino da cemento armato, alla lamiera arrugginita e corrosa, dal chiodo al cerchione delle botti, che nelle sue mani prendono forma e vita. In particolare nelle Monomanie assembla numerosi pezzi tutti uguali saldandoli tra loro e realizzando sculture più o meno simmetriche a seconda della maggiore o minore libertà di scelta dei punti di congiunzione. Il risultato può essere un’opera dal carattere drammatico, solenne o ironico, ma sempre inattesa.

Haebel (Antonio D’Anna) è stato tra i primi in Italia ad avvicinarsi alla Teoria del caos e al frattalismo dal punto di vista artistico. Secondo Haebel l’arte può essere messa in relazione con qualunque altra disciplina, purché ci siano alla base contenuti trasferibili. Per quanto riguarda la geometria frattale, che a differenza di quella euclidea, ammette l’esistenza di dimensioni di grado frazionario e non intero, l’attenzione dell’artista si pone sulla possibilità di “penetrare in altre dimensioni”, utilizzando figure ed elementi che “pur propagandosi all’infinito, si ripetono in una commistione tra ordine e caos, quasi rinnovandosi a nuova vita” 3.

Paesaggi “alieni”, creati dal colore e dalle sue infinite possibilità, caratterizzano le opere di Gianni D’Anna, fratello di Antonio. Nei suoi lavori il frammento è parte integrante della complessità delle composizioni, che emozionano e inducono ad andare oltre l’apparenza dell’opera.

Il dialogo tra materia e colore impronta l’arte di Valter Filippi, che si esprime in pittura e scultura attraverso opere che riutilizzano materiali di scarto investendoli di nuove valenze, anche in senso “spirituale”. Il retaggio di antiche e lontane civiltà, conosciute nei suoi molti viaggi, affiora nei suoi totem, frammenti di legno impreziositi da paste vitree, cuoio, carta, che si configurano come degli stargate attraverso cui avventurarsi in dimensioni altre.

Il colore è protagonista delle drammatiche opere gestuali di Gabriele Friscia, il colore che scivola e cola sulla superficie della tela, che la ricopre, la graffia, la “incide”, in modo improvviso ed imprevisto. Libere da schemi formali, sia figurativi che geometrici, le opere dell’artista si risolvono in pure esplosioni di segni e materia cromatica, memori dell’Informale e della conoscenza del reale dinamica e fenomenica ad esso legata.

Per Armando Pelliccioni, Fisico ed artista, la pittura astratta è l’unico mezzo idoneo per cercare di rappresentare la bellezza degli stati emotivi interni e razionali dell’essenza umana. Coniugando il pensiero di due grandi Maestri come Mondrian e Pollock, la razionalità e l’ordine dell’uno e la gestualità caotica dell’altro, la geometria tipica dell’uomo e quella tipica della natura, Pelliccioni realizza quadri con diversi contenuti di entropia visiva. Inoltre attraverso particolari misture di pigmenti, egli riesce a ricreare sulla tela la casualità frattale della natura.

Marino Rossetti nelle sue opere vuole mettere in luce la bellezza della materia senza mistificarla, cercando di recuperare la dimensione interna delle cose rispetto al caos quotidiano. Nei suoi ultimi lavori ordine e casualità di sposano, la razionalità delle raffinate composizioni viene coniugata con la componente casuale dovuta all’inserimento di oggetti di recupero vari che assurgono ad una valenza conservativa, simboleggiata dalla pellicola di nylon che ricopre la superficie.

Carla Sassaroli si esprime in pittura e scultura con opere “drammatiche”, in cui l’intero e il frammento nascono l’uno dall’altro, si avvicinano e si allontanano, si abbracciano e si respingono, in una danza ancestrale. Nei suoi lavori la materia lacerata e ricucita si mostra in tutta la sua fragilità ma anche in tutta la sua forza.

Il caos razionale di Francesco Varlotta si rende manifesto con forme geometriche ricorrenti poste le une accanto alle altre oppure che si intersecano tra loro creando ritmi compositivi dinamici e cromaticamente molto vivaci. Se alcuni lavori rimandano alle ricerche dell’arte optical e strutturalista degli anni Sessanta, insistendo sull’avvicendarsi di elementi seriali e sulle percezioni visive, altre sono legate ad un carattere ludico dell’arte, caratterizzate da caleidoscopici elementi costruttivi di un universo razionale e fantastico al tempo stesso.

Picasso ha definito l'arte “una bugia che ci aiuta a riconoscere la verità”. Nelle opere degli “artisti del caos” l’arte ci aiuta a rendere visibili e a penetrare la razionalità e la casualità, componenti fondamentali della nostra esistenza e di tutto ciò che ci circonda.

Note
1. Questo pensiero di Albert Einstein è stato utilizzato anche da www.artstudio.it all’interno di un testo riguardante i Frattali
2.  La definizione compare nel Dizionario Zingarelli 2004

Cinzia Folcarelli, testo pubblicato nel catalogo - giornale della mostra Negli orli del caos, Ostia, Biblioteca "Elsa Moranre", Roma, Biblioteca "Guglielmo Marconi", aprile 2008