venerdì 3 settembre 2010

La bellezza dell’essenzialità. Viaggio nell’arte di Carmine Cecola


Artista della realtà naturale e dell’emozione, Cecola scolpiva e dipingeva per sé stesso, preferendo l’indagine interiore meditata e lenta alla mondanità e al successo effimero. Di carattere riservato, all’apparenza molto severo, credeva fermamente nel suo lavoro, portando a termine tutto ciò che iniziava. Vissuto in anni che hanno visto moltiplicarsi a dismisura correnti e tendenze artistiche, egli non si è mai legato ad un movimento o ad un gruppo, preferendo lavorare da solo, nella tranquillità del suo studio. Attento conoscitore della storia dell’arte e degli artisti che l’hanno preceduto e a lui contemporanei, Cecola ha tuttavia uno stile personale ben definito, che rende le sue creazioni uniche.



La sua indole riservata non lo ha certo aiutato nel difficile mondo dell’arte, ma il suo cercare l’arte vera, quella che non si abbandona alle mode del momento, fa di lui un vero artista, capace di elaborare, nelle sue opere, caratteristiche stilistiche uniche e inconfondibili. Cecola nasce scultore. La forza plastica che emerge dalle sue sculture è data dalla linearità della forma, dalla mancanza di inutili particolari che servirebbero solo ad appesantirle.
Nei disegni e negli gli oli è sempre presente la mano dello scultore, le composizioni si dispongono secondo piani sovrapposti entro cui si dispongono corpi plastici.
Nei bassorilievi, le figure escono fuori dallo spazio loro assegnato per venire incontro allo spettatore, facendosi partecipi della vita di quest’ultimo.
Elio Mercuri, in un testo della fine degli anni Settanta, ben esemplificava la poetica dell’artista, definendo la scultura di Cecola ricerca della struttura, delle linee essenziali di una figura e di quanto siamo soliti indicare come passaggio dalla rappresentazione alla forma. “Tutta la scultura di Cecola è racchiusa in questa ricerca della dignità plastica, come essenza dell’immagine, come struttura attraverso la quale avviene il passaggio o il ritorno alla naturalità.”1
Le figure di Cecola hanno un sapore arcaico, sospese nel tempo e nello spazio, sono l’inizio e la fine. Le pose scelte dall’artista sono sempre molto naturali e nessun ornamento o simbolo connota le figure o le inserisce in un contesto, così che risultano eterne.
Nella donna della scultura in gesso Senza titolo, moderna cariatide, il panneggio copre morbidamente la parte inferiore della figura che, nuda nella restante parte del corpo, trattiene i capelli con entrambe le mani. E’ una scultura della metà del Novecento ma potrebbe essere di migliaia di anni fa. Analogamente le figure in terracotta Donna pensante e Dormiente.
La Madonna con Bambino è una madre che tiene in braccio suo figlio, seduta su una roccia, con i capelli raccolti dietro la nuca e la lunga veste che le copre il corpo fino alle caviglie. Nessun dettaglio, nessun simbolo che distingua la Madre di Dio dalle altre madri. Eppure c’è qualcosa di eterno che permea le due figure.
La stessa sensazione che si avverte guardando i Progenitori che, nudi, seduti l’uno accanto all’altro, il braccio di lui protettivo sulla spalla di lei, guardano verso l’infinito.
Alcune donne e uomini in legno sono quasi dei totem, primitivi, immutabili.
Anche i cavalli di Cecola, altro tema caro all’artista, sono essenziali, cavalli nel loro essere e esistere. Anche qui si nota l’assenza di qualsiasi ornamento, perfino la criniera e la coda sono ridotte al minimo. Particolari sono le sculture che raffigurano cavalli e uomini, come Cavallerizza, gesso colorato dove la figura femminile è adagiata sul dorso del cavallo, in una posa che denota molta familiarità con l’animale.
Nella sua produzione artistica i nudi di giovani donne, le bagnanti e le ballerine rivestono ruoli importanti. Le figure femminili sono slanciate, dalla linea affusolata. Le gambe, solitamente snelle, si concludono nell’ampio bacino, simbolo di maternità, mentre la parte superiore del corpo torna ad essere minuta. I visi sono essenziali, i tratti somatici sono appena accennati, così che ad essere rappresentata non è una donna in particolare, ma la donna, la bagnante, la ballerina. Esemplare di questa produzione è Ballerina del 1957, bellissima scultura in bronzo, che ha partecipato a diverse mostre e che l’artista non ha mai voluto vendere, nonostante le numerose proposte ricevute. Soltanto i capelli, che sono stati raccolti sulla sommità del capo, fanno pensare ad una ballerina. I tratti del volto sono appena accennati, gli occhi sono incisioni orizzontali: è come se la luce accecante dei riflettori avesse fatto svanire le fattezze del viso della donna.
In un altro bronzo, Nudo, la figura femminile è protesa verso l’alto, lo sguardo è rivolto al cielo, accentuando il corpo slanciato della donna e lo sviluppo verticale della scultura.
Lo sguardo rivolto verso l’alto è una costante nelle sculture di Cecola: lo ritroviamo sia nei bronzi, che nelle terracotte, che nelle cere. Le bagnanti si “strizzano” i capelli guardando verso il sole, alcune donne sedute sembrano invece implorare il cielo.
Nei piccoli bronzi Cecola riesce a dare il meglio di sé, creando figure forti e poetiche insieme, dove la luce si posa mettendo in risalto la resa plastica delle sculture e levigando i corpi, facendole vivere.
Nelle opere in cera, complice anche il materiale usato, le figure sono più materiche, i corpi acquistano volume, soprattutto nella parte inferiore, e morbidezza, ma anche una maggiore stilizzazione.
Alcune realizzazioni dell’artista sono invece più “geometriche”, presentano volumi maggiormente squadrati e segni fortemente incisi per delineare i contorni, come nella terracotta colorata Donna sdraiata, in Leone, e nella serie in bronzo degli scacchi, realizzati scomponendo e fondendo alcune parti delle figure stesse e rendendole quasi bidimensionali.
In una fase più avanzata dell’opera dell’artista le forme vanno verso l’astrazione. Allora le composizioni con il cavallo e il cavaliere e i gruppi di tre figure, l’una sul dorso dell’animale e l’altra a terra ... pian piano si stringono, si fanno più vicine. Le figure si fondono le une con le altre in un motivo circolare. Nella terracotta Le Amazzoni le figure sono ancora staccate, il cavallo guarda verso l’infinito. Nel bronzo Cavallo e Cavaliere, così come in S. Michele Arcangelo, il muso del destriero e il viso dell’uomo sono l’uno di fronte all’altro, vicinissimi. Nel bronzo Cavallo e Cavaliere ormai i due sono fusi l’uno nell’altro, all’interno di un motivo circolare sempre più stringente. Fino ad arrivare all’altro bronzo dal medesimo titolo, dove le connotazioni antropomorfe sono ormai svanite e ciò che resta è una splendida scultura astratta dalla linea essenziale, pulita.
Anche le Due figure in legno subiscono un’analoga trasformazione, fuse in un’unica struttura. Il motivo lo ritroviamo, moltiplicato per tre, nel disegno Tre figure.
E’ il “sintetismo plastico che racchiude la figura umana in volumi di accentuata sfericità, con vago sapore primitiveggiante” di cui parlava Raffaele Manzo in uno scritto su Cecola della metà degli anni Sessanta, dove elogiava la perfezione formale del Maestro. 2
Il processo di astrazione raggiunge l’apice in alcune sculture di forma circolare, realizzate in legno e in bronzo. Nei disegni preparatori possiamo seguirne la genesi. Altre strutture si sviluppano invece in verticale, quasi novelle “torri di Babele”.
Cecola tuttavia non abbandona mai il figurativo. Nella sua produzione artistica astratto e figurativo si intrecciano tra loro, si allontanano per poi ricongiungersi.
Mentre le sculture sono caratterizzate da figure singole, più raramente a coppia e comunque in gruppi di massimo tre elementi (Gruppo di tre donne, forse le tre Grazie), nei bassorilievi è sempre presente una moltitudine di personaggi che si intrecciano tra loro, stilizzati o resi in maniera molto naturalistica a seconda dei periodi.
Nel bassorilievo in gesso colorato Amazzoni, le donne e i cavalli sono stilizzati, geometrici; i colori caldi, presi dalla terra, gli ocra, i rosa, i marroni e il tono di luce soffusa che pervade la composizione, ci regalano quell’atmosfera un po’ magica del calar del sole nelle giornate estive, quando il nostro astro, di un rosso abbagliante che scolora nel rosa, si immerge sotto l’orizzonte.
Le Donne del Circo si mostrano al pubblico sotto i riflettori della celebrità, quelle in primo piano ricordano per la posa, le tre Grazie, quelle in secondo piano si confondono con lo sfondo.
I toni si fanno invece pacati in Bagnanti e in Gruppo di donne dove le forme sono più morbide e la linea più fluida.
Di diversa impostazione il bassorilievo in legno La Passione di Cristo, in cui le figure sono compresse dentro i margini del quadro; la folla sembra spingere la figura di Cristo, che viene avanti, sembra uscire fuori, quasi fuggire.
Nel bassorilievo in bronzo Natività le figure hanno una forte carica espressiva, dai loro volti trapela tutto il dolore che il nuovo nato dovrà affrontare e, insieme, tutto il dolore del mondo. Donato dalla figlia Adelina direttamente nelle mani di Papa Giovanni Paolo II il 3 Aprile 2004, l’opera fa parte della collezione della Città del Vaticano.
I molteplici disegni-bozzetti per le sculture e per i bassorilievi sono molto importanti per capire la genesi delle opere e il modo di operare dell’artista. Alcuni disegni mostrano trame fittissime di linee, intrecci di personaggi, realizzati per passaggi successivi e per piani prospettici sovrapposti.
Nei quadri ad olio il cromatismo si fa strada e diventa protagonista. “Il Maestro riesce a plasmare gli strati di colore conferendo alle opere su tela una prioritaria fisicità, come se la pittura urlasse per uscire fuori dai suoi tradizionali vincoli bidimensionali”, dice Lidia Reghini di Potremoli, e ancora: “Ogni quadro sembra “costruito” seguendo il libero pensiero di una scansione ritmica e musicale dove ogni massa di colore o di forma trova il suo armonico bilanciamento spaziale”. 3
I soggetti preferiti dall’artista sono gruppi di donne che parlano tra loro o che si riposano insieme, fanno il bagno, filano, tengono in braccio i bambini, vendemmiano o semplicemente si fondono con il paesaggio. I corpi hanno sempre una forte valenza plastica con caratteristiche scultoree, tridimensionali.
Un discorso a parte meritano i gioielli e le piccole creazioni in argento e bronzo. Il bracciale, la collana e i pendenti in oro sono capolavori realizzati cesellando minutamente il materiale prezioso; riproducono nel disegno i motivi cari all’artista, stilizzati all’estremo. Molto interessante la serie di medaglioni in bronzo raffiguranti i segni dello Zodiaco, quelli raffiguranti cavalli e cavalieri, il medaglione con le tre figure Trittico e soprattutto quello intitolato Medicina, del 1994, realizzato in occasione della laurea della figlia Adelina. Un’altra medaglia è stata realizzata dall’artista, insieme a Vanda Valente, per l’ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini, in occasione della Manifestazione ai confinati politici in ricordo di Umberto Terracini (26 - 27 Maggio 1984).
Alcune sue opere pittoriche sono state scelte da Nicola Sapio per le copertine dei suoi libri, tra i quali Le donne del sud.


Nato a Monteroduni, in provincia di Isernia, il 12 Dicembre 1923, Carmine Cecola studia a Napoli, all’Istituto d’Arte, diplomandosi in Scultura Decorativa, e all’Accademia di Belle Arti, diplomandosi in Scultura, allievo di Giovanni Amoroso e Alessandro Monteleone. A quest’ultimo spetta il merito di aver portato una ventata d’aria nuova all’interno dell’Accademia, decaduta posteriormente alla cessazione dell’attività di D’Orsi. Monteleone, pur facendo studiare ai suoi allievi i capolavori dell’arte classica, medievale e rinascimentale, aveva “imposto lo studio della realtà naturale figurativa, espressa con esecuzione semplice rapida penetrante”.4
Dai suoi maestri Cecola apprende la bellezza per le forme naturali, per la semplicità ed essenzialità della linea, caratteristiche che si ritrovano nelle sue opere. All’Accademia si fa apprezzare subito per la sua bravura, vincendo i concorsi per le borse di studio negli anni accademici 1947-48, 1948-49 e 1949-50. Vince inoltre il Primo Premio di Scultura alla Mostra dell’Accademia nell’anno 1949-50 e il Primo Premio di Scultura alla Mostra Nazionale dell’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1950.
Nel frattempo inizia ad esporre le sue opere anche al di fuori dell’ambiente accademico. Nel 1949, partecipa a Napoli alla Mostra Artisti Campani, seguita l’anno successivo dalla Mostra Giovanile delle Olimpiadi a Roma, dalla Mostra Nazionale a S. Giorgio a Cremano e dalla Mostra Nazionale dell’Artigianato di Roma.

La bravura del giovane artista è testimoniata anche dall’interessamento del suo maestro Monteleone, che lo vuole assistente alla sua Cattedra di Scultura, incarico che Cecola ricopre fino al 1955.
Gli anni Cinquanta sono caratterizzati dalla partecipazione dell’artista a diverse esposizioni, a molte delle quali, nonostante la giovane età, viene invitato. Nel 1951 partecipa alla Mostra di piccole sculture di carattere napoletano, organizzata dalla Società Promotrice di Belle Arti Salvator Rosa, presso la Villa Comunale di Napoli; poi alla Mostra del Bozzetto, sempre a Napoli e al Premio Terni, dove riceve il Diploma d’Onore.
Nel 1952 il grande salto di qualità: partecipa alla VI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, dove espone la scultura in legno Nudo di donna 5., opera acquistata da un collezionista americano6.
L’anno successivo partecipa, sempre a Roma, alla Mostra del Mezzogiorno, insieme ad altri importanti artisti; nel 1954 al I Premio Magno, a Bovegno e alla Seconda Rassegna d’Arte Figurativa del Mezzogiorno, a Napoli.
Sempre nel 1954 viene allestita una grande mostra per celebrare i duecento anni dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, voluta nel 1752 da Carlo di Borbone: l’esposizione propone l’arte napoletana dalla seconda metà del Settecento alla prima metà del Novecento. Accanto alle collezioni storiche troviamo le opere degli artisti contemporanei, tra i quali Amoroso, Venditti, Notte e Cecola.
Nello stesso anno si svolge il Premio Gemito, riservato ai giovani artisti sotto i quaranta anni; viene premiato Venditti, amico di Cecola, che torna al figurativo, dopo esperienze astratte. Cecola viene definito da Carlo Barbieri un artista di pregio, del quale non mancherà occasione di parlare. 7
Sempre nel 1954 viene allestita a Napoli, presso la Galleria Medea, la mostra di carattere religioso Messa degli Artisti, alla quale partecipano circa cinquanta artisti. Il livello della mostra è piuttosto sostenuto e, nel campo della scultura, Cecola viene citato come una promessa, mettendo in mostra ottime doti tecniche. 8
Nel 1955 l’artista partecipa alla mostra 3 Scultori Napoletani, presso la Galleria La Medusa di Roma, insieme a Giovanni Amoroso e Antonio Venditti, tutti e tre formatisi all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Cecola espone le sculture Figura sdraiata, Discobolo, Figura di Donna, Bassorilievo.
Nello stesso anno viene premiato alla Mostra Nazionale S. Maria Capua Vetere. 9
L’anno successivo vince il concorso per la Cattedra di Plastica all’Istituto d’Arte di Napoli, dove rimane fino al 1962, quando vince il concorso per la Cattedra di Figura Modellata al Liceo Artistico di Massa Carrara. La sua carriera di insegnante lo vedrà successivamente al Liceo Artistico di Napoli, dove avrà la cattedra di Figura Modellata, all’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, dove avrà la cattedra di Scultura e a Roma, dove insegnerà Figura Modellata e Ornato Modellato al I Liceo Artistico. Con i suoi allievi Cecola, nonostante il suo carattere chiuso, ha un ottimo rapporto e molto spesso i ragazzi lo vanno a trovare nel suo studio o a casa. Alcuni sono diventati ottimi artisti, apprezzati dalla critica e conosciuti in Italia e all’estero. Lo stesso Mariangelo Zappitelli, che ha curato la realizzazione di questa monografia sul Maestro, è stato suo allievo.
Nel 1956 Cecola realizza la scultura in travertino statuario Nostra Signora della Visitazione, un’imponente opera di m 3,40 commissionata dall’architetto Martin Desmond per le Suore Medico Missionarie di Maria, Our Lady of Lourdes, del monastero di Droghera, Louth, in Irlanda. La statua è posta sulla sommità dell’Ospedale di Dublino. La Madonna, caratterizzata da un forte impatto plastico, ha le braccia aperte per accogliere i suoi figli, ma anche una nota di tristezza nello sguardo.
Per la nativa Monteroduni il Maestro realizza e dona i bassorilievi in bronzo del portone d’ingresso della Chiesa di S. Michele Arcangelo raffiguranti S. Michele, Monteroduni, L’Annunciazione, L’Adorazione dei Magi, La Morte e La Resurrezione.10 Le figure si muovono occupando tutto lo spazio a loro disposizione, anzi sembrano voler uscire fuori dalla cornice e in alcune parti infatti sono quasi sculture a tutto tondo.
Nel 1957 una sua scultura viene premiata alla I Rassegna delle Arti figurative del Movimento Artistico Micco Spadaro di Napoli: la figura che viene rappresentata sprigiona una forte, e immediata, carica espressiva. 11
Sempre nello stesso anno un’altra sua opera viene premiata alla Mostra Paolo Uccello di S. Maria Capua Vetere ed egli partecipa al II Premio Internazionale del Bronzetto, alla XII Biennale d’Arte Triveneta di Padova e alla I Mostra Nazionale di Arte Figurativa nell’ambito del III Congresso Nazionale dell’Unione Cattolica Artisti Italiani, al Palazzo Reale di Napoli.
Nel 1958 vice il Premio Acquisto alla III Biennale d’Arte Sacra Contemporanea di Bologna: la mostra, allestita nei locali dell’Antoniano, presenta un panorama completo di arte sacra contemporanea. Il lavoro di accettazione delle opere da parte della Commissione era stato molto severo e solo il 10 per cento degli aspiranti partecipanti, oltre mille, era stato prescelto. 12
La fine degli anni Cinquanta vede Cecola impegnato in numerose esposizioni collettive: nel 1958 viene premiato al Premio Gemito, a Napoli, alla I Biennale d’Arte Sacra di Bologna e al Premio Strega dell’Accademia di Belle Arti di Napoli; nel 1959 partecipa alla Mostra Nazionale Premio Marche, ad Ancona; nel 1960 alla II Biennale d’Arte Sacra di Bologna e alla Mostra Collettiva del Palazzo della Triennale a Milano.
La prima mostra personale di Carmine Cecola viene allestita alla Galerie Berthier di Marsiglia nel 1961. Egli, che ha iniziato ad esprimere la sua vocazione artistica anche in ambito pittorico, espone disegni e dipinti astratti che documentano una nuova fase stilistica del suo lavoro, esemplificato dallo scritto di Raffaele Mormone: “In queste opere avvertiamo che l’intenso ritmo del pittoricismo di superficie tende a placarsi in una bloccata intelaiatura di base, mentre, conseguentemente, l’incisività luministica trova valido contemperamento in una dominata e sobria metrica spaziale. La gradualità di siffatto processo è evidente e prelude a ulteriori sviluppi, come attestano talune composizioni modulate su pregnanti trascrizioni tonali, alle quali si affiancano altre più articolate nella risentita correlazione tra forma plastica e spazio ambientale.”13
Nel 1962 l’artista si sposa con Milvia Soria, sua allieva e collega, e l’anno successivo dalla loro unione nasce Adelina.
Numerose le mostre personali di questi anni. Nel 1965 espone alla Galleria Incontro Sud di Reggio Calabria. In mostra venti opere, tra cui la bellissima Ballerina del 1957. Nel depliant della mostra Giuseppe Foti scriveva: “Le piccole sculture mostrano, in sintesi, il processo evolutivo della sua arte che sembra trasformarsi da figurativa in astratta, ma che sempre presenta eguale contenuto di forma e volume classicamente ben definiti tanto nelle opere in bronzo quanto in quelle in legno.”14
Artista ormai affermato e ammirato, Cecola viene inviato dal Ministero della Pubblica Istruzione ad istituire l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, dove ha la cattedra di Scultura nel 1967.
L’anno successivo si trasferisce a Roma, dove insegna Figura Modellata e Ornato Modellato al I Liceo Artistico di Via di Ripetta, ruolo che ricoprirà fino al 1989.
Nel 1970 Cecola espone al Centro d’Arte l’Approdo di Napoli, suscitando i più vivi consensi tra i rappresentanti del mondo artistico. In particolare ciò che viene messo in luce è la sintonia con la realtà culturale italiana, che si è andata sempre più modificando in questi anni. Cecola può essere considerato un artista nel quale il meglio della tradizione plastica italiana riesce a fondersi alla perfezione con i nuovi linguaggi di comunicazione.15
Gli anni Settanta vedono Cecola protagonista di personali in tutta Italia: alla Galleria d’Arte Il Punto di Campobasso, a Palazzo Ponticelli di Isernia, alla Galleria Numero Fiamma Vigo di Venezia, all’Hotel Caesar Augustus di Capri, alla Galleria d’Arte Arnetta Busto di Busto Arsizio, dove specialmente i suoi disegni sono molto apprezzati, come leggiamo in un articolo di Luciana Ruffinelli: “E proprio i disegni sono l’indicazione più evidente nel tipo di ispirazione che guida Cecola: lo interessa, lo appassiona, sicuramente anche lo commuove il profilo dolcemente modulato o ritmicamente definito dell’oggetto preso in esame, sia questo una figura femminile o una forma astratta”.16
Negli stessi anni l’artista partecipa anche a diverse collettive: presso il Circolo Culturale di Scisciano, a Napoli, dove i suoi disegni e le sue sculture, ove prevalgono valori geometrici, vengono molto apprezzati17; alla Mostra Nazionale d’Arte SNIMA UIL al Palazzo delle Esposizioni di Roma; alla Rassegna Artisti Molisani, a Campobasso; alla Bottega del Quadro, a Ostia.
In occasione della sua partecipazione a Verifica ’74, a Campobasso, sul quotidiano “Il Mattino”, troviamo uno scritto di Arcangelo Izzo, che inquadra puntualmente la poetica di Cecola, definendolo un artista silente, le cui opere nascono da profonda meditazione e raccoglimento interiore e richiedono una perfetta armonia di sentimento, fantasia e ragione per essere comprese appieno e valutate giustamente.18 Credo che si possa essere completamente d’accordo con Izzo. L’arte di Cecola non vuole creare un impatto violento con lo spettatore come buona parte dell’arte contemporanea, ma vuole farsi scoprire gradualmente per poi farsi amare.
Nel 1978 l’artista espone alla Galleria Il Canovaccio di Roma, insieme a Ugo Borgese, Gennaro Cuocolo e Goffredo Godi. Tra le opere scelte da Cecola per l’esposizione una scultura - struttura astratta, simile ad altre realizzate dall’artista nello stesso periodo (Nudo) illustra una fase stilistica in cui i volumi delle sue creazioni sono plasticamente più forti e compatti. Le prominenze che si sviluppano dal corpo centrale della scultura si “incuneano” nell’aria quasi a volerla incidere, tagliare, bucare. La forza plastica di questi oggetti è notevole, il loro sviluppo verticale ne fa dei totem, simbolo dell’uomo moderno e delle sue paure.
La mostra ottiene un grande successo; Renato Civello gli dedica un lungo articolo sul “Secolo d’Italia”.19
Nel 1983 l’artista vince a Milano il I Premio al Premio Lyceum con la scultura Ballerina.
L’anno successivo partecipa al Premio Villa d’Este; la rassegna vede l’esposizione delle opere degli artisti contemporanei accanto ai grandi maestri del Novecento, tra i quali Afro Basaldella, Capogrossi, Guttuso, Turcato, Ziveri. Cecola espone la bella scultura astratta Passo di danza, in cui due ballerini si stringono in un “passo a due” coinvolgente e sensuale: i due sono fusi in un’unica struttura astratta dai cui si dipartono rientranze e sporgenze che accennano alle teste e ad alcune parti dei due corpi mentre il centro della scultura presenta il motivo di forma vagamente circolare che troviamo anche in altre sculture stilisticamente assimilabili (Due figure).
A cavallo tra il 1986 e il 1987 viene allestita a Monteroduni una mostra di artisti molisani intitolata a Antonio Venditti, nativo del luogo: Cecola partecipa questa volta con un quadro astratto, in cui prevale la componente informale.
Nel 1990 l’artista è presente a Arteroma ’90, una grande esposizione presso il Palazzo dei Congressi dell’Eur, a Roma, curata da Enrico Crispolti; accanto ai grandi maestri storici del Novecento, esponenti di spicco dei movimenti Fronte Nuovo delle Arti, Corrente, Cobra e dell’Informale, del Futurismo, del Cubismo, del Divisionismo e della Scuola Romana, la rassegna Gravitazione Roma è riservata agli artisti contemporanei operanti nell’area romana, di alta validità e levatura artistica. Uno spazio è specificamente riservato al Programma Scultura, dove troviamo, accanto ad opere di Ugo Attardi, Emilio Greco, Giacomo Manzù, Francesco Messina, alcune tra le più importanti opere di Cecola: due sculture figurative intitolate Ballerina e Nudo e tre sculture astratte: Ballerina, Due figure, Simbiosi. E’ quest’ultima una scultura in legno dalla linea morbida e sinuosa, raffigurante un uomo e una donna che si abbracciano, i due corpi fusi insieme e contemporaneamente divisi dall’ovale centrale. Due figure ha una struttura più rigida, in cui prevalgono le linee verticali; i due protagonisti sono uno di fronte all’altro, le “mani” unite tra loro, sembrano giurarsi qualcosa di eterno.
Nel 1995 Cecola partecipa al XLVII Premio Michetti di Francavilla al Mare, Il Bronzetto Italiano Contemporaneo 1931 - 1995, con due pastelli ad olio del 1994, Donne sdraiate e con la scultura Ballerina. Accanto alle sue, opere di Francesco Messina, Aligi Sassu, Pietro Consagra, Pietro Cascella, Arnaldo Pomodoro, Augusto Perez e tanti altri. Questa è anche l’ultima mostra alla quale partecipa l’artista. La sera del 13 Agosto 1999 viene infatti colpito da malore e gli viene diagnosticata una neoplasia cerebrale purtroppo non operabile. Il suo ultimo disegno prima della malattia risale proprio allo stesso giorno: è un disegno a matita, intitolato Cavallo e cavaliere, schizzato sulla pagina di un taccuino, in cui l’uomo e l’animale si guardano con affetto.
Grazie alle cure della moglie Milvia e della figlia Adelina, Carmine continua a modellare la creta e la plastilina, mentre non riesce più a disegnare come vorrebbe a causa della emiparesi destra che lo ha colpito. Realizza un bassorilievo che la figlia ha “formato” in gesso. Plasmato in un periodo di grande sofferenza, il ritmo della composizione assume toni drammatici, autobiografici, e le figure sono sovrapposte l’una all’altra, come se lo stare vicine attenuasse il loro dolore.
Proprio per rifinire il suo ultimo lavoro, ora che ha ripreso in parte le forze e l’uso delle gambe, si reca nella veranda che è diventata anche il suo studio, ma scivola e si frattura un femore. Ormai sconfortato, dopo tanta sofferenza, muore il 25 Giugno del 2001.
Nel Dicembre 2003 una sua scultura fuori concorso è stata premiata alla II Rassegna Regionale d’Arte Contemporanea Un Natale per la Pace.


Artista completo, la cui opera ha spaziato nei diversi campi dell’arte, Carmine Cecola ha saputo tenersi al di sopra delle mode del momento, non piegandosi alle assurde richieste del mercato e di committenti convinti di poter decidere della sua arte. Spesso ha rifiutato commissioni importanti perché non erano in linea con le sue idee e con il suo mondo interiore, denotando un coraggio e una determinazione non comuni.
Anche per il suo carattere schivo è un artista in parte ancora da scoprire. Sicuramente da continuare ad apprezzare e valorizzare.


Note
1. Elio Mercuri, 2° Repertorio delle Istituzioni Pubbliche e della Ricerca dell’Arte Italiana, Editrice Del Carretto, Roma, 1977
2. Raffaele Manzo, Carmine Cecola Scultore, in “Palestra, rivista di cultura varia”, n. 3-VI, luglio - settembre 1967, pp. 287- 288
3. Lidia Reghini di Pontremoli, Carmine Cecola ovvero il divenire di un sogno, testo critico per la presente monografia
4. Costanza Lorenzetti, testo per il depliant della mostra Tre Scultori Napoletani, galleria La Medusa, Roma, 1955
5. VI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, Dicembre 1951 – Aprile 1952, De Luca Editore in Roma, 1951, p. XXIII; p. 42. Cecola è ammesso nella sezione scultori
6. L’opera venne acquistata per £ 30.000 (lettera dell’Ufficio Vendite all’artista del 1/02/1952; lettera del direttore amministrativo all’artista unita all’assegno di £ 24.449)
7. Carlo Barbieri, Duecento anni dell’Accademia di B.A., “Il Mattino”, 23 Ottobre 1954: l’articolo parla sia della mostra per il Bicentenario dell’Accademia di Belle Arti di Napoli che del Premio Gemito
8. Messa degli artisti, “Il Giornale”, 15 Maggio 1954
9. In un documento del 31 Marzo 1956, fatto pervenire dal Centro di cultura S. Maria Capua Vetere a Carmine Cecola si legge: “Le rimettiamo il vaglia del banco di Napoli di L. 25.000 relativo al premio di scultura, e Le esprimiamo il nostro vivo compiacimento per la Sua meritevole affermazione (..)”
10. Monsignor Antonio Maria Mattei, Vicario Generale della Diocesi d’Isernia e Venafro (PE), Memorie storiche di Monteroduni, 1994
11. La fotografia della scultura è presente nell’edizione del 4 Aprile 1957, p. 4, Cronaca di Napoli, de “Il Giornale d’Italia”
12. L’inaugurazione della biennale d’Arte Sacra, “Il Mattino”, 20 Settembre 1958
13. Raffaele Mormone, testo critico per il depliant della mostra personale di Carmine Cecola alla Galerie Jean Berthier, 1961
14. Giuseppe Foti, testo per il depliant di presentazione della personale di Carmine Cecola alla galleria Incontro Sud, Reggio Calabria, 1968
15. G.G., Carmine Cecola all’ “Approdo”, “Roma”, anno 109, n. 276, 1970
16. Luciana Ruffinelli, Carmine Cecola, “La Prealpina”, 10 Febbraio 1977
17. Bilancio positivo della mostra di pittura, “Roma”, Cronaca di Napoli, anno 106, N. 16, 17 Gennaio 1967
18. Arcangelo Izzo, Cecola presente a “Verifica ’74”, “Il Mattino”, anno LXXXIII, 15 Agosto 1974
19. Renato Civello, Quattro artisti nel segno del rigore, “Secolo d’Italia”, 19 Maggio 1978

Cinzia Folcarelli, 2004