lunedì 27 settembre 2010

Lia Drei: pensieri e parole di una vita vissuta nell’arte



“Il 1° dell’anno assomiglia a una tela bianca messa sul cavalletto in attesa di mettersi a dipingere. Chissà che verrebbe fuori se dessi una cinquantina di pennellate, ogni giorno, a quella tela adesso bianca. Quanti cambiamenti e quanti ripensamenti. La vita invece si svolge ad attimi, e una volta che l’attimo è passato non lo si può cambiare più”. (Lia Drei, Diari, 1 gennaio 2004)

Lia Drei nasce il 18 luglio 1922 a Roma, nella casa - studio del padre Ercole Drei, scultore e pittore, tra gessi e bronzi, cavalletti e pennelli, all’interno di Villa Strohl - Fern, splendida dimora immersa nel verde, voluta dal mecenate alsaziano Von Strohl - Fern, ai confini di Villa Borghese, per permettere agli artisti di potersi esprimere in libertà.
Per Lia era naturale giocare e curiosare negli studi degli artisti, prendere in mano matite e pennelli e scoprire di “saper disegnare” e “saper dipingere”, come sentiva dire dai colleghi del padre, stimato scultore e pittore, involontario primo artefice della vocazione artistica della figlia, che egli avrebbe invece voluto professoressa di lettere. Tra gli artisti della Villa, il pittore Hinna, accortosi dell’innata predisposizione della bambina, prende a cuore il suo insegnamento artistico, rivelandole i segreti del mestiere.
Intanto Lia si dedica allo studio, diplomandosi al Liceo Classico Tasso e successivamente laureandosi in lettere all’Università degli Studi di Roma, e allo sport, prima al nuoto e poi ai tuffi dal trampolino, divenendo campionessa nazionale.
Dopo la laurea, per perfezionare il suo Inglese, vive cinque anni a New York, dove si laurea alla Columbia University e dove insegna italiano e saltuariamente disegno e pittura.
Tornata per volere del padre a Roma, continua a dedicarsi all’arte, viaggia molto ritraendo specialmente paesaggi ed inizia a frequentare l’Accademia del Nudo dell’Associazione Artistica Internazionale, dove nel febbraio del 1958 conosce il pittore Francesco Guerrieri col quale si sposa il 21 luglio dello stesso anno e con il quale condividerà tutta la sua vita, apprezzandolo come uomo e come artista: “C’é sempre una novità, che apre una strada nuova per domani. Francesco è molto esigente e onesto con sé stesso e con il suo lavoro, a me piace così, mi dà serenità e io lo stimo e lo ammiro e mi domando se chi guarda i suoi quadri capisce l’importanza del suo lavoro (...) che deve essere osservato, guardato e vissuto lentamente così dagli occhi ti entra nel cuore e poi nell’anima.” (Lia Drei, Diari, 3 gennaio 2004)
Tra la seconda metà degli anni Cinquanta e la fine degli anni Sessanta Lia si dedica ad un tipo di pittura lirico - espressionista. Nel 1961 sceglie coraggiosamente, visti i tempi e l’impronta figurativa dell’arte del padre, di dedicarsi alla pittura astratta ed esegue un ciclo di opere astratto - informali che espone nella sua prima mostra personale, allestita a Roma, nel febbraio del 1962. Sul finire dello stesso anno inizia a dedicarsi a ricerche gestaltiche e strutturaliste, fondando, insieme a Francesco Guerrieri, Lucia Di Luciano e Giovani Pizzo, il Gruppo 63.
A giugno del 1963 i quattro artisti espongono alla Galleria Numero di Piazza di Spagna, ottenendo numerose positive recensioni da Nello Ponente, Sandra Orienti, Luigi Paolo Finizio, Sigfrido Maovaz. Ma ben presto divergenze legate alla metodologia della sperimentazione portano allo scissione del Gruppo 63. Durante il Convegno Internazionale Artisti Critici e Studiosi d’Arte tenutosi a Verucchio, Rimini e Riccione nello stesso 1963, Lia Drei e Francesco Guerrieri presentano il binomio Sperimentale p. (dove p. sta per puro).
Dal settembre del 1963 la casa - studio dei due artisti si trasforma in un vero e proprio laboratorio sperimentale di ricerche visive che indagano sui possibili rapporti tra arte, scienza, industrial design e società contemporanea.
Tra i critici che si interessano alle loro sperimentazioni figurano Giulio Carlo Argan, Rosario Assunto, Filiberto Menna, Giorgio De Marchis, Sandra Orienti, Arturo Bovi, Luigi Paolo Finizio e Corrado Maltese insieme al quale i due artisti eseguono alcune ricerche sulla percezione forma - colore per l’Università di Cagliari.
Nel n. 6/7 di “Marcatrè”, relativo al Maggio - Giugno 1964, viene pubblicata la prima stesura della dichiarazione di poetica dello Sperimentale p., già presentata al Convegno Internazionale di Verucchio, mentre nel “Quaderno 1964” una dichiarazione più ampia e approfondita viene pubblicata in occasione della prima mostra dello Sperimentale p., allestita nell’aprile 1964 nella galleria Il Bilico di Via Brunetti. In Novembre segue la mostra alla galleria Aquilone di Firenze con la pubblicazione in catalogo del testo Tecnica e Ideologia, già presentato e letto al XIII° Convegno Internazionale di Verucchio. Tra il 1964 e il 1968 lo Sperimentale p. espone con mostre personali a Torino, Roma, Belgrado, Cagliari, e partecipa a importanti rassegne nazionali e internazionali (Strutture di visione, Premio Termoli, V Rassegna di Arti Figurative di Roma con 10 opere) e alle mostre - dibattito itineranti Strutture visive e Strutture significanti, ideate e curate da Francesco Guerrieri, a Roma, Firenze, Napoli, Cosenza, Terni, Livorno, Genova, Torino. Il binomio è anche invitato al Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea di Torino, al Premio Arte Oggi a Firenze e a Roma, a Ipotesi linguistiche intersoggettive nel 1967 e al Premio Masaccio, alle VI Biennale Romana e ad altre rassegne nel 1968.
Nelle opere di questo periodo Lia Drei si sofferma sugli effetti cinetici e cromatici; alcuni dipinti sono caratterizzati dall’accordo o dal contrasto tra colori fondamentali e complementari mentre altri dalla presenza di strutture che riescono ad intervenire sulla nostra percezione ottica creando concavità e convessità in realtà non esistenti sulla superficie della tela.
Molto tempo dopo, nel 2004, l’artista dirà: “Oggi ho pensato ai miei quadri fatti con i tondi del 1963. Perché sono arrivata al tondo? Per rendere più forte l’attrazione visiva. Sul tondo l’occhio si ferma più facilmente, è un attimo e vede il rosso, il verde e il giallo o l’azzurro con tutta la forza della mente e ci si perde dentro e anche se non si capisce il perché il suo colore gli dà un’emozione inaspettata come il suono di una musica improvvisa. E così ho costruito dei quadri sentendo l’emozione speciale per me, perché non l’avevo fatto prima, di inventare qualche cosa di nuovo, di costruire una realtà che prima non c’era e che doveva avere fascino, equilibrio, e la forza della vita. Sono state costruzioni che sembrano semplici e invece erano la conseguenza di tanti pensieri complicati, insulsi, illogici. Mentre io volevo una realtà chiara, pulita, onesta, calda e affascinante. In fondo, in fondo nel cuore speravo che chi guardava i miei quadri si sentisse nel cuore abbracciato dall’infantile sensazione di “uh! Come è bello il rosso; oppure com’è dolce quell’azzurro! Oppure il giallo mi piace di più perché assomiglia il sole.” Insomma pensieri semplici che non fanno paura. La meraviglia dell’arte è così, perché nell’equilibrio dell’espressione uno si sente stranamente appagato anche con una piccola cosa, basta che sia vera. E poi io sono figlia d’arte e per me è normale trovare il bello in tutto ciò che mi circonda, basta che lo guardi con il fascino della mente e dentro il mio cuore.” (Lia Drei, Diari, 4 gennaio 2004)
Nel 1968 Lia Drei conosce Adriano Spatola, poeta d’avanguardia, e tra i due inizia un sodalizio artistico che porta all’ideazione di un libro non di parole ma di forme, le stesse forme geometriche da lei usate ed amate, il tondo, il quadrato e il triangolo rettangolo, con i loro molteplici significati simbolici risalenti alle civiltà di oggi e di ieri. Così nasce il libro d’artista Iperipotenusa, edito nel 1969 da Geiger di Torino, che con i successivi Love’s fragments (1980), Kaleidoscopio (1988) e The Painted Diamond (1991) costituisce la Quadrilogia del Triangolo Rettangolo, acquisita dalla Biblioteca del MOMA di New York, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, dalla Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea e dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Per Iperipotenusa l’artista riceve, nel 1979, il Premio Libro d’Artista dell’Università degli Studi di Urbino.
“Non so perché io abbia scelto tra le infinite variazioni geometriche, il triangolo rettangolo come mia ricerca nel campo indefinibile della pittura. Ed il fatto più divertente è che sono riuscita a fare quattro libri, cosiddetti “d’artista”, che mi affascinano e mi entusiasmano ogni volta che li sfoglio, aprendo una pagina dopo l’altra a guardando quello che succede. Ogni pagina “scritta” è diversa da quella precedente e da quelle di fronte. Sembrano quasi le stesse, ma cambiano gli angoli, le lunghezze dei lati e la loro posizione. E’ come se potessero parlare. Giocano con i colori, si dividono e si riuniscono, si danno degli spintoni, si litigano lo spazio sottostante o soprastante, si amano, si odiano, si prendono in giro, si fanno l’occhietto, cantano oppure piangono dicendo: perché mi hai messo vicino al giallo a me che piace il rosso, perché mi hai messo vicino al nero che mi toglie la luce, e poi perché il bianco si dà tante arie? E così lottando, come facciamo noi esseri umani ci adattiamo più o meno bene alle circostanze e riusciamo a creare il libro - quadro “d’artista” della nostra vita, senza saperlo e senza immaginare che tutto dipende da una linea orizzontale l’infinito, una linea verticale la profondità e una linea obliqua che li unisce, giocando con loro per tenerli uniti.” (Lia Drei, Diari)
Sempre tra la fine degli anni sessanta e nel corso degli anni settanta Lia Drei si occupa di poesia visiva, opere - ambiente e happenings. In particolare traduce su legno le colorate forme geometriche dei suoi quadri, realizzando grandi strutture componibili che il pubblico può spostare a suo piacimento all’interno di manifestazioni - evento, allestite sia all’aperto (Azione in piazza, Rieti, 1968; Mentana, 1969) che nelle gallerie (Un modo di fare l’arte insieme all’artista, Roma, l’Uscita; Firenze, Centro Teche; Galleria 42, Bologna, 1970).
Di contro all’esplosione di colori di questi eventi, realizza anche opere profondamente diverse, create direttamente sul muro di musei e gallerie, pareti rigorosamente bianche su cui vengono fissati spilli che “disegnano” linee rette e curve che proseguono anche sulla superficie di tele, sempre bianche, appese alle pareti stesse. In questo modo “l’ombra è la pittura della luce” (Drei, 1978).
Il massimo dell’assenza della forma viene da lei conquistato in una mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma, Artericerca, 1978: all’interno di una sala bianca Lia conficca un solo spillo.
In altri casi fogli di plastica trasparente configurano fiori immaginari, come in Concerto floreale, Spazio Alternativo, Roma, 1978; oppure l’opera viene creata da fili colorati, come in Hard and Soft, Galleria Fiumarte, Roma, 1980.
Nel 1978 espone alla Biennale di Venezia e nel 1981 alla Biennale di San Paolo del Brasile. Partecipa inoltre ad importanti collettive storiche come Linee della ricerca artistica in Italia 1960 - 1980 al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nell’ottobre 1981 i Musei Civici di Macerata presentano la grande mostra Sperimentale p. nella Chiesa monumentale di San Paolo.
Nel frattempo partecipa a molti progetti di Mail Art in Italia e all’estero ottenendo ampi riconoscimenti.
Dopo il periodo caratterizzato dall’assenza totale della pittura, l’artista ritorna prepotentemente al colore, dipingendo opere di Metapittura, che espone dal 1982 al 1986, firmando anche il manifesto del movimento.
Successivamente Lia Drei torna a lavorare sulle forme geometriche e sul colore, raggiungendo, nelle opere realizzate intorno al 2000, una sintesi formale che abbraccia tutta la sua precedente ricerca: in questi lavori, in cui lo spazio bianco predomina, linee rette, intere e tratteggiate, delineano percorsi all’interno dei quali si innestano forma geometriche vivacemente colorate.
Nel 2004 la visione di una mostra di dipinti per stoffe di Raoul Dufy e la continua ricerca sul triangolo portano inoltre l’artista a creare strutture floreali e vegetali utilizzando moduli compositivi legate a questa figura geometrica, il cui culmine è raggiunto nella mostra Il Tempo del Sogno: un giardino di triangoli, allestita nelle gallerie Il Triangolo di Cosenza e Miralli di Viterbo.
“Ora intitolo i miei quadri “Il Tempo del Sogno” perché quando si dipinge, si scrive, o si suona si esprime il sogno che si ha nell’anima. E così il colore diventa una realtà, il pensiero scritto diventa solido, e il canto diventa una poesia. Anche questo è un pensiero semplice, da bambina, ma ci sono 80 anni di vita per poter arrivare ad esprimerlo con sicurezza. Mi piace pensare di questa realtà che si forma, a poco a poco, mentre si scrive, si dipinge o si suona.” (Lia Drei, Diari, 5 gennaio 2004)

Le opere di Lia Drei sono state esposte, nel corso degli anni, in numerose mostre, personali e collettive, in tutta Italia e all’estero, e si trovano in importanti Musei e Biblioteche di tutto il mondo. Nel 2003 il Museo Civico di Taverna, patria del grande pittore Mattia Preti, le ha dedicato una sala personale permanente. Il Comune di Taverna nel 2005 le ha conferito la cittadinanza onoraria alla memoria per meriti artistici. A giugno dello stesso anno, sul n. 115 della rivista “Terzoocchio”, che già nel n. 112 dell’ottobre 2004 aveva dedicato alla sua opera la copertina e un saggio critico di Luciano Marziano, è stato pubblicato il commovente scritto Lia Drei addio a cura di Giorgio Di Genova. E sempre nel 2005, a settembre, il Museo Civico di Calasetta ha presentato una sua grande mostra antologica. Contemporaneamente veniva pubblicata dalle Edizioni Md’A (Modidarte) una monografia con testi di Teodolinda Coltellaro, la quale aveva conosciuto l’artista l’anno precedente ed era rimasta profondamente colpita dalla sua arte e dalla sua vita vissute in simbiosi con la poesia e con la natura.

Lia Drei è stata una persona e un’artista piena di gioia di vivere e di amore per gli altri, sempre, anche quando le avversità della vita e in particolar modo la crudele malattia hanno provato a fermarla. Tutti coloro che la conoscevano, il marito, gli amici, i parenti, i suoi cani, Tutù, Joy e gli altri, hanno ricevuto da lei amore e dolcezza, giorno dopo giorno.
Con la fede in Dio, nel domani e in un mondo migliore è vissuta per quanto più possibile a contatto con la sua amata Natura, nel grande bosco da lei creato insieme a Francesco Guerrieri, sulle pendici di Monte Mauro di Brisighella, in quella Romagna che fu la patria dei suoi genitori e dei suoi avi e alla quale rimase sempre legata per tutta la vita. Quel bosco situato in un parco naturale protetto, i suoi alberi, i suoi animali, i suoi fiori, tutto fu distrutto da un incendio doloso. Fu per Lia un dolore mortale. Dopo una lunga malattia l’artista si è spenta il 22 Marzo 2005, lasciando un ricordo incancellabile nei cuori di tutti coloro che l’hanno conosciuta.
“Mentre mi riposavo stamattina ho pensato a tutto il lavoro che ho fatto con i triangoli e stamattina mi è venuta l’idea che il triangolo rettangolo è il simbolo della creazione. (...) Ho pensato che il lato destro sia l’uomo, il lato sinistro la donna e l’ipotenusa l’amore che li unisce e gli dà vita, la punta del triangolo è l’utero che fa crescere lo spazio. Nei miei quadri ogni triangolo (anche se ce ne sono 2000) è diverso di misura anche se solo per ½ mm. E le persone sono forse uguali? Adesso le vogliono clonare (...). Io non vorrei che dopo di me ci fosse un’altra Lia, quella non potrebbe mai vivere la mia vita un’altra volta, in un altro tempo.” (Lia Drei, Diari, 19 gennaio 2004)
Hai ragione Lia. Le persone sono uniche e con loro ciò che hanno realizzato nella loro vita. E come te, anche le tue opere non si possono ripetere, perché sono nate dal tuo cuore e dalla tua intelligenza in un momento unico nel tempo e nello spazio.

Questo testo biografico nasce dalla lettura dei Diari di Lia Drei, e dai racconti di Francesco Guerrieri sulla compagna della sua vita.

Cinzia Folcarelli, testo pubblicato nel catalogo della mostra Lia Drei. Anni sessanta, Museo Civico di Taverna, 23 giugno - 16 settembre 2007