lunedì 27 settembre 2010

Oltre le figure


Cinzia: Nel tuo percorso artistico ti sei confrontata con il mondo degli sciamani (penso alla mostra “Materia e respiro” a Palazzo Barberini del 1999), con l’antico mondo sumerico e con gli antichissimi miti assiro-babilonesi (“Gilgamesh re di Uruk” a Porta San Sebastiano nel 1996 o la personale a Latina “La Terra l’Acqua l’Uomo” del 2002). Hai raccontato poi le gesta e gli amori di eroi e cavalieri…
Hai coraggiosamente dato immagini alla tragica genialità di Giordano Bruno, immagini ospitate in prestigiose sedi come il Castello Aragonese di L’Aquila, o presso l’Accademia Americana di Roma nel 2003, a Villa Piccolomini nel 2005 e l’anno scorso a Palazzo Altieri a Oriolo Romano.
Ora ti vediamo affrontare, sempre “stretta” alla tua ricerca sull’essere umano e sul rapporto uomo donna, la profondità della cultura islamica. Come si lega al tuo passato questo nuovo viaggio di immagini in una realtà attuale, ma così diversa come il mondo arabo?

Roberta: La mia ricerca in pittura è nata tanti anni fa sotto lo stimolo della figura dello sciamano, dell’eroe che tenta imprese impossibili. Mi ha sempre affascinato l’idea della presenza, nella storia, di individui dotati di poteri e coraggio particolari, che mettono il loro sapere a disposizione di tutti…Mi emoziona profondamente l’idea di un essere umano che trova il senso di sé nel vita tua-vita mea.

Cinzia: Una concezione positiva dell’uomo…

Roberta: Dell’uomo e, diciamo, della nascita dell’uomo. Così come mi piace pensare ad un’idea positiva dell’origine dell’umanità.

Cinzia: Mi viene in mente una intervista in cui dicevi che la storia di Gilgamesh era una storia di riuscita, e che il primo re-architetto di cui la letteratura parla, cercava l’immortalità e trovava la saggezza e la scrittura. E poi questa libertà dell’amore negli antichi miti assiri che hai dipinto in forme così nuove…

Roberta: Il rapporto tra Oriente ed Occidente è molto complesso, anche perché la storia è stata spesso raccontata in modo ingannevole. Mi viene in mente la lunga ricerca linguistica del grande Semerano che, di contro alla ipotesi ritenuta verità assoluta dell’origine indoeuropea del latino e del greco, ha dimostrato invece che le lingue occidentali, e in particolar modo quelle europee, hanno avuto una origine, come dire, mesopotamica.

Cinzia: E’ per questo che nella tua arte mancano riferimenti ai miti greci e a quelli romani?

Roberta: Certo. Lasciando da parte la creazione artistica e lo sviluppo della scienza, il mondo greco-romano con il suo logos, la sua razionalità, la visione dell’essere umano e l’idea della donna …è tutto un amaro trionfo dell’altra concezione dell’esistenza, quella basata sul mors tua-vita mea. I miti propongono praticamente sempre il legame tra amore e morte…Basti pensare alla storia di Edipo, al cosiddetto complesso di Edipo su cui si è costruita la psicoanalisi e, purtroppo, gran parte della filosofia…La norma è il conflitto, la sopraffazione, il fallimento. E purtroppo, è dall’intreccio di queste idee che sono sorti i pilastri ideologici e religiosi su cui si regge la nostra società.

Cinzia: I pilastri ideologici…

Roberta: …parlo dell’assurda visione della realtà divisa sempre tra Bene e Male, parlo dell’idea del peccato nel mondo religioso e dell’idea della punizione nel mondo giuridico. E su tutto, o sotto tutto, la storia del peccato originale e della presunta origine malvagia dell’uomo. Insomma, sono secoli che l’Occidente vive il terrore che altre civiltà e altre culture possano scardinare, far crollare la sua “superiorità”…Permettimi di citare un passo tratto da un recente articolo apparso sulla rivista Il sogno della farfalla a firma di Rossella Carnevale e Paolo Fiori Nastro: “Qual è la realtà mentale umana di coloro che nascono musulmani o si convertono a questa religione? Quello che sembra evidente è il rapporto con la entità soprannaturale non umana, diciamo anche senza materia, denominata Allah. Non ci sono più migliaia di spiriti legati alla natura e al mondo minerale e vegetale, ma c’è uno spirito unico che, come si legge nel Corano, viene definito “clemente e misericordioso”, diverso, quindi, dal dio degli Ebrei e della Bibbia che è tutt’altro che misericordioso, ma distruttivo e vendicativo e stabilisce le leggi di comportamento (i dieci comandamenti), ulteriormente appesantite dai precetti della Chiesa. Nell’Islam non ci sono tutte queste prescrizioni, ma solo cinque regole (…). La religione islamica è basata sulla credenza assoluta nel dio unico che può assumere l’aggettivo “infinito” rispetto all’uomo che è finito. Ora, certamente è noto a tutti che nel Corano ci sono riferimenti a tante cose, compreso il Cristianesimo e la Bibbia, ma in particolare questo aggettivo potrebbe essere legato alla parola àpeiron di Anassimandro che si riferisce ad una realtà non percepibile e che si traduce come “infinito”, nella misura in cui sembra rivolgersi ad una realtà non definibile. Diversamente dalla religione cristiana (cattolica o ortodossa), nell’Islam non esiste una gerarchia che fa da mediatrice tra l’uomo e Dio, cioè il rapporto tra essere umano e Dio è diretto. Forse l’unica mediazione, se così si può chiamare, sta nel famoso libro sacro detto Corano. Questo rapporto diretto con Dio e questa mediazione corrispondono al fatto che il Corano è anche un testo di leggi, cui tutti i credenti devono attenersi, e noi, quasi certamente, possiamo aggiungere che è anche una identità”.

Cinzia: “Infinito” è la terza parola del titolo della mostra. Cosa lega, secondo te, l’essere umano all’infinito?

Roberta: Come pittrice, come una che tenta di fare ricerca, posso dire che la dimensione infinita, non quella spaziale o temporale ovviamente, è la dimensione (mentale?) che contraddistingue la conoscenza, cioè il rapporto tra colui che vuole conoscere e l’oggetto della conoscenza, o, più profondamente, tra chi ama e l’oggetto del desiderio. Giordano Bruno, nella sua nova filosofia, diceva proprio di questo passaggio dall’oggetto all’immagine dell’oggetto, e dall’immagine all’idea, o sostanza, o verità. E’ un processo di avvicinamento, di approfondimento, “di approssimazione” direbbe Hilary Gatti, che riguarda moltissimo anche l’arte. Per non parlare dei sogni, in cui troviamo non di rado immagini che alludono a questo…sprofondare, a questo lasciarsi andare senza limiti.

Cinzia: E, percorrendo insieme a ritroso il titolo, perché “Donna” e “Uomo” proprio in relazione al mondo arabo?

Roberta: Penso che la nostra libertà di donna e di uomo, la libertà del rapporto, siano molto meno reali di quello che si crede… nel senso che nella nostra società il massimo di forma di conoscenza interumana è l’identificazione: io sono come te, tu sei come me, io sono come mio padre, o, nella sua versione progressista, io sono l’opposto di mio padre, io sono come vogliono che sia, e così via. Capirai che mi incuriosiscono parecchio le culture che hanno un pensiero diverso, magari a prima vista incomprensibile. Mi viene in mente l’intervento che Deborah Scolart ha fatto in occasione del convegno “Rapporto uomo donna. Ricerca sugli aspetti storici e sociali” tenuto all’Università di Foggia nel 2005, in cui la studiosa ha dato una lettura sorprendente, rispetto agli stereotipi occidentali, della immagine della donna araba e del suo rapporto con l’uomo, con la famiglia e la società.

Cinzia: Quindi, tornando alla tua pittura, hai portato in una ambasciata egiziana la tua “Donnadiluce”, la tua “Figura maschile”, la tua “Donnagabbiano”! Hai portato una rappresentazione della dialettica tra possibile e impossibile come il tuo “Portatore di fuoco”, hai portato quel sorriso di sfida alla seduzione del mondo arabo che è ”Ballo per te”! Come metti insieme questi volti e questi corpi con una delle caratteristiche peculiari della cultura islamica, cioè a dire l’aniconicità?

Roberta: “Dio non può avere immagine né figura” scrivono Gianfranco De Simone e Luca Fagioli nell’articolo L’interpretazione dei sogni nell’Islam della rivista citata prima, e proseguono: “A nessuno è concesso vedere Dio in sogno o in visione su questa terra perché ne morirebbe. La ru ‘yat, visione o sogno di Dio, è compiuta nell’altro mondo. Solo i mistici cercheranno di avvicinarsi con il “cuore”, con il “sentire”, con una formazione che richiede un lungo cammino. I sufi, i mistici dell’Islam, non considerano l’interdetto del Profeta: “Tu non lo vedrai Dio”, ma si rivolgono ad un’altra sua affermazione “Ho visto il mio Dio sotto le più belle forme…” Voglio dire che l’immagine nel mondo islamico è un concetto apparentemente contraddittorio, complicato, e tutto da studiare. E’ vero, non ci sono figure definite, non ci sono riproduzioni diciamo fotografiche della realtà, e in particolare della realtà divina. Ma… le cosiddette decorazioni astratte, i mosaici, le forme lucenti e tutte colorate, non sono visioni? Non sono immagini? Non sono… sogni ad occhi aperti? Cosa dire della scrittura araba con la sua varietà di curve, quasi a sfida dell’architettura? E qui non posso non citare l’incredibile finale di un articolo di Massimo Fagioli su Left del dicembre dell’anno scorso: “Ed io ricordo che, un tempo, emerse il pensiero nuovo dell’immagine interiore come linea dalle forme infinite, fatta da punti infiniti che non è ricreazione di una percezione perché la figura della linea non esiste fuori del fare della nostra mano. E la splendida architettura islamica è strutturata sulla linea oltre le figure della civiltà razionale greco-romana”.

Cinzia Folcarelli, intervista pubblicata nel catalogo della mostra Roberta Pugno. Uomo Donna Infinito, Ambasciata Araba d'Egitto, 9 - 29 maggio 2007