lunedì 18 giugno 2012

Liricità e Sacralità

 
Stratificazioni segniche e coloristiche improntano l'arte di Luca Macchi, incentrata sulla sacralità dell'essere e permeata da una luce trascendente che inonda e impreziosisce soggetti e composizioni.
Come già evidenziato da Nicola Micieli nel catalogo della mostra Le Tavole della Luce, allestita nel giugno 2002 al Palazzo dei Priori di Volterra, l'artista “dà concretezza all'idea inesprimibile della sacralità che permea le manifestazioni della vita”, e “per questa ragione accentua dell'opera il carattere di reliquia.”.
Le Tavole della Luce, realizzate nel 1999 a tempera e foglia d'oro su tavola, sono degli stargate che mettono in comunicazione il terreno e il divino, attraverso la sublimazione di una luce ipnotica. L'inserimento di brani tratti dalle Sacre Scritture accentua ancor di più il carattere di sacralità delle opere.
I Fiori del Magma, realizzati tra il 1999 e il 2002 su tavole sagomate, nascono dal caos primordiale per elevarsi verso l'azzurro del cielo. Magma è il titolo scelto da Macchi anche per altre opere precedenti, realizzate alla fine degli anni Ottanta, in cui, su un cromatismo violento dagli accenti fauve, si stagliano profili umani e divini, come in Magma (Profeta) del 1987. In queste opere tutto è movimento, vorticosa energia sprigionata dalla potenza espressiva dell'arte.
“Nella pittura di Macchi non ci sono un “fondo” e un oggetto impostato su quello”, scrive Piero Santi nel testo per il catalogo della personale allestita a L'Upupa nel 1989, “ma l'oggetto, potremmo dire, è tutto il quadro, coi particolari che s'intersecano, si incontrano: si tratta di un modo insolito di sentire l'informale.”
Sperimentatore di tecniche e materiali, Macchi trasforma in arte legni consunti ricontestualizzandoli e donandogli nuova vita attraverso l'uso della foglia d'oro, come ne La nave del tempo del 2002 o addirittura facendo interagire materia “inerte” e vivente come nell'installazione che vede protagonista l'albero della vita avvolto dalle spire di un filo di rame che simula il serpente del peccato originale.
Liricità e poesia traspaiono sempre nelle opere di Macchi, come in Melanconia del 1997, tema ripreso nel 2002 in Melanconia II. In entrambe è sempre la foglia d'oro che fa assurgere al cielo gli esili rami degli alberi, protesi verso l'alto, alla ricerca di una elevazione spirituale.
In transito tra la terra e il cielo è anche l'uomo de La purità dell'essere, del 2002, evanescente e sospeso nel tempo e nello spazio, avvolto dal turbinio delle foglie d'oro, “trucioli stellari”, come le definisce pertinentemente Nicola Micieli.
Raffigurato con la stessa iconografia è Orfeo, figura ricorrente nei suoi lavori, sia negli acquerelli che nelle acqueforti, caratterizzati da visioni oniriche surreal – metafisiche di forte impatto visivo. Orfeo, il cantore in grado di ammansire gli animi, umani ed animali, più feroci, assimilato all'iconografia di Cristo in epoca paleocristiana per il suo viaggio negli inferi, prefigurazione della morte e resurrezione, viene raffigurato da Macchi come tramite tra cielo e terra, in opere sofferte, stratificate, combuste. Nel 2009 Macchi realizza alcune opere intitolate Le mura di Orfeo, in cui le mura dorate separano la terra dall'azzurro del cielo, racchiudendo evanescenti paesaggi. In altre opere coeve le mura diventano finestre spalancate su un arcano mondo metafisico sormontato da cipressi, in cui si muovono Sposi poeti e Santi protettori.
Possiamo dire che tutta l'arte di Macchi è in realtà Arte Sacra. Infatti in tutte le opere aleggia la grandezza e la bellezza del Creato e la potenza di Dio. “Per significare il divino occorre che Dio abiti nella casa dell'artista”, scrive Nicola Micieli, e osservando le opere di Macchi si percepisce la fede dell'artista.
Nel Crocifisso per la Chiesa di Collegalli (FI), realizzato nel 1998 a tecnica mista, l'artista crea un'opera pregna di sacralità, dando prova di grande maturità artistica. La Pala di Collegalli è accompagnata da una poesia di un poeta caro all'artista, Mario Luzi, che spesso accompagna in versi le sue opere... la vera Poesia e la vera Pittura che, come diceva Giorgio De Chirico, si tengono per mano, frase citata dallo stesso Macchi ne La Zattera dell'Arte e della Poesia, opera letteraria delicata e coinvolgente che accompagna l'omonimo installazione del 2008.
E delicato e coinvolgente è il racconto della giovinezza artistica dell'artista, scritta dallo stesso Macchi, Gli anni belli, che ci trasportano nella Toscana degli anni Ottanta. “Il sole brillava nel cielo come l'oro sui dipinti medioevali”, scrive Macchi, “Ma forse quello splendore era nelle nostre menti.” Una mente fervida quella dell'artista che ha saputo evolvere la sua cifra stilistica realizzando opere fortemente presenti ma delicate e poetiche al tempo stesso, in dialogo con la Natura e con Dio.

Cinzia Folcarelli, testo pubblicato nel catalogo della personale dell'artista alla Galleria La Pigna, Roma, 16 - 26 giugno 2012