domenica 24 ottobre 2010

Nino La Barbera. Autoritratto della Natura attraverso l’artista, elaboratore di forme

“Contemplando nella Natura la bellezza, l’armonia e l’inclinazione della materia a divenire organismo in tutte le sue espressioni, si possono intravedere e riconoscere segrete ed incontaminate tracce del divino” (La Barbera).
Il potere più forte della Natura è il suo misterioso senso dell’armonia e questo Nino La Barbera lo sa bene perché tutta la sua ricerca artistica è incentrata sullo studio della necessità della natura di rappresentare sé stessa, attraverso la figura dell’artista, elaboratore di forme, veicolo di trasmissione e di conoscenza.

Il pensiero di Nino La Barbera è vicino alla concezione che dell’arte avevano i grandi geni del Rinascimento, quella dell’artista scienziato, indagatore della natura in tutte le sue manifestazioni. Estremamente lontano dal compiacimento del brutto e dall’arte urlata contro l’umanità che caratterizza l’odierno mercato, l’artista, secondo La Barbera, deve avvicinarsi all’arte e, nel suo caso alla pittura, in maniera più complessa, cercando di porre l’attenzione sulla sua capacità di intrappolare le forme della natura e trasferirle nelle sue opere.
“Se noi siamo natura e abbiamo dentro la natura che agisce”, dice La Barbera, “è probabile che attraverso l’invio continuo di segnali, riusciamo a risvegliare in noi dei dispositivi che ci consentono una rappresentazione della natura di cui l’arte è destinata ad occuparsi. E’ come se attraverso le facoltà tecniche che abbiamo acquisito riuscissimo a realizzare una specie di reticolo, sorta di trappola per le forme, dove esse rimangono imbrigliate sorprendendo e meravigliando lo stesso artista”.
L’idea che nasce nella sua mente è che la natura che c’è in noi attraverso l’arte stia tentando di auto - rappresentarsi e secondo un processo disperato e complesso stia dando l’opportunità agli artisti di eseguire il suo autoritratto.
Se così fosse questa sarebbe un’occasione poderosa per gli artisti: la natura cercherebbe infatti di estrinsecarsi, sviscerarsi attraverso di loro e la loro capacità di produrre forme.
Il rapporto di Nino La Barebera con l’opera d’arte si divide in due fasi che si integrano e sfumano l’una nell’altra. Nella prima fase viene rappresentato l’evento usando gli strumenti consueti. Ad un certo punto del dipinto è come se l’artista sentisse l’esigenza di non rappresentare più ciò che vede mentre sulla tela si rendono manifeste forme che assomigliano a cellule, atomi, elementi fondamentali della materia. E’ la memoria del Big Bang che affiora attraverso strutture cosmiche e atomiche, dettagli che nelle opere de La Barbera sono veri e propri quadri nel quadro.
Nei suoi dipinti questi dettagli nascono sulla superficie della tela dai ricordi ancestrali dell’artista stesso, prolungamento del suo DNA, a sua volta memoria del cosmo in divenire. Il Sole è una stella di seconda generazione, formatasi dai residui dell’esplosione di altre stelle, e allora, non sarebbe possibile, grazie a questa staffetta cosmica, che il ricordo dell’inizio dell’Universo fosse impresso nel DNA dell’uomo, e riaffiori nelle opere dell’artista, animo sensibile e ricettivo per eccellenza? L’arte in questo modo sarebbe un tassello indispensabile per la scienza e la conoscenza.
Linee, segni, forme non previste e apparentemente mal riuscite, suggeriscono esse stesse il percorso, ampliando talvolta il progetto iniziale dell’opera, a volte stravolgendolo, e introducendo un sentire sempre nuovo e diverso, richiesto dall'insidiosa modificazione dell'habitat attraversato. E’ come avventurarsi attraverso una foresta: dobbiamo necessariamente renderci ricettivi ad una realtà diversa per sopravvivere e portare agli altri il messaggio del nostro viaggio, entrando in simpatia e in empatia con la foresta stessa e i suoi abitanti.
Tutto dipende infine da come l'operatore dispone ed organizza il magma di forme che si genera intorno a lui. “Le lenti di un telescopio”, dice La Barbera, “per quanto evolute e sofisticate esse siano, non servirebbero a niente se non sapessimo disporle in maniera corretta, cosi da consentirci una chiara visione; anzi, si potrebbe addirittura rischiare, dopo averle montate, di non vedere neppure quel poco che riuscivamo a distinguere ad occhio nudo.”
Il Surrealismo aveva gettato il seme per un’arte capace di trasferire all’occhio del fruitore, attraverso l’automatismo psichico puro, il funzionamento del pensiero. La casualità, già indagata da Dadà, acquistava maggior forza perché rapportata al fattore del sub - inconscio. La Barbera, che auspica il proseguimento del pensiero surrealista, e in particolare di quello di Max Ernst, da dove è stato interrotto dagli eventi della storia, va oltre, cercando addirittura un legame con il cosmo in divenire.
Nelle sue opere la matrice figurativa è sempre riconoscibile ma viene integrata e impreziosita da frammenti e intarsi legati alla memoria ancestrale dell’Universo, dalle strutture fondamentali degli esseri umani, cellule, atomi, fotoni.
Selinunte e Villa Adriana sono luoghi scelti dall’artista per la loro valenza magica. Sono “luoghi dell’anima”, ricchi di presenze che sublimano davanti ai suoi occhi, ponti di collegamento tra passato e presente. Il passato, i resti di antiche civiltà lo hanno del resto sempre accompagnato, da quando, bambino, si imbatteva giocando nei reperti archeologici della sua amata Sicilia. La Barbera ama ripetere che il tempo non toglie senza lasciare nulla, toglie ma lascia tracce preziose del suo trascorrere.
La monumentale Nascita di Venere, vista anche come nascita della vita e quindi del genere umano, è ricca di dettagli che affiorano dall’inconscio dell’artista. Isolandoli, si percepisce la bellezza dei particolari e il fascino di queste strutture che a prima vista sfuggono all’occhio dell’osservatore. E ricche di dettagli “cosmici” sono anche le visioni ambientate a Villa Adriana e Selinunte, racconti che si dispiegano per cicli tematici, legati appunto ai luoghi scelti come ambientazione di storie fantastiche e mitologiche.
Le opere di Nino La Barbera hanno la capacità non comune di renderci partecipi di mondi in divenire, fluidi, che nascono, si trasformano e muoiono sotto i nostri occhi, frammenti del codice della vita e del destino dell’uomo.

Cinzia Folcarelli, testo pubblicato nel catalogo della mostra I nostri luoghi magici, Fiuggi, Fonte Bonifacio, 1-16 agosto 2008

Cinzia Folcarelli e Nino La Barbera